VIA FRANCIGENA
Breve storia della Via Francigena
La Via Francigena, Franchigena, Francisca o Romea, è parte di un fascio di vie, dette anche vie Romee, che conducevano dall’Europa Occidentale, in particolare dalla Francia, a Roma.
Nell’Alto Medioevo, attorno al VII secolo, i Longobardi contendevano il territorio italiano ai Bizantini. L’esigenza strategica di collegare il Regno di Pavia e i ducati meridionali tramite una via sufficientemente sicura portò alla scelta di un itinerario sino ad allora considerato minore, che valicava l’Appennino in corrispondenza dell’attuale Passo della Cisa, e dopo la Valle del Magra si allontanava dalla costa in direzione di Lucca. Da qui il percorso proseguiva per la Valle dell’Elsa fino a Siena, e quindi attraverso le valli d ‘Arbia e d’Orcia, raggiungere la Val di Paglia e il territorio laziale, dove il tracciato si immetteva nell’antica Via Cassia che conduceva a Roma. Il percorso, che prese il nome di “Via di Monte Bardone”, dall’antico nome del Passo della Cisa, Mons Langobardorum, non era una vera e propria strada nel senso romano né tanto meno nel senso moderno del termine. Infatti, dopo la caduta dell’impero, le antiche tratte consolari caddero in disuso, e tranne pochi fortunati casi finirono in rovina, “rupte”, tant’è che risale a quell’epoca l’uso della parola “rotta” per definire la direzione da prendere.
L’area di strada
I selciati romani lasciarono gradualmente il posto a fasci di sentieri, tracce, piste battute dal passaggio dei viandanti, che in genere si allargavano sul territorio per convergere in corrispondenza delle mansioni (centri abitati od ospitali dove si trovava alloggio per la notte), o presso alcuni passaggi obbligati come valichi o guadi. Più che di strade si trattava, quindi, di “aree di strada”, il cui percorso variava per cause naturali (straripamenti, frane), per modifiche dei confini dei territori attraversati e la conseguente richiesta di gabelle, per la presenza di briganti. Il fondo veniva lastricato solo in corrispondenza degli attraversamenti dei centri abitati, mentre nei tratti di collegamento prevaleva la terra battuta.
Appare, quindi, chiaro che la ricostruzione del “vero” tracciato della Via Francigena sarebbe oggi un’impresa impossibile, poiché questo non è mai esistito: ha invece senso ritrovare le principali mansioni e i principali luoghi toccati dai viandanti lungo la Via.
Nasce la Via Francigena
Quando la dominazione Longobarda lasciò il posto a quella dei Franchi, anche la Via di Monte Bardone cambiò il nome in Via Francigena, ovvero “strada originata dalla Francia”, nome quest’ultimo che oltre all’attuale territorio francese comprendeva la Valle del Reno e i Paesi Bassi.
In quel periodo crebbe anche il traffico lungo la Via che si affermò come il principale asse di collegamento tra nord e sud dell’Europa, lungo il quale transitavano mercanti, eserciti, pellegrini.
Il pellegrinaggio nel tempo
Fin dal Medioevo, migliaia e migliaia di persone attraversavano l’Italia, percorrendo soprattutto le strade consolari romane, per recarsi a Roma in visita alla tomba dell’apostolo Pietro, oppure per raggiungere il porto di Brindisi ed imbarcarsi per la Terra Santa, (spesso dopo esser passati per il Santuario di San Michele Arcangelo a Monte Sant’Angelo, in provincia di Foggia), ma anche verso Santiago de Compostela, in tal caso I pellegrini procedevano verso nord.
Nella maggior parte dei casi i pellegrini seguivano le strade consolari romane. I pellegrini provenienti soprattutto dalla terra dei Franchi, in età post carolingia cominciarono a valicare le Alpi ed entrare in Italia.
Il pellegrinaggio divenne presto un fenomeno di massa, e ciò esaltò il ruolo della Via Francigena che divenne un canale di comunicazione determinante per la realizzazione dell’unità culturale che caratterizzò l’Europa nel Medioevo.
Le fonti itinerarie
Citata già nell’876 (quando venne nominata per la prima volta in un antico documento – un atto relativo ad un affitto – ad oggi conservato nell’Abbazia di S. Salvatore del Monte Amiata), molti documenti storici d’archivio attestano l’esistenza della Via Francigena facendo riferimento a diversi tratti di strada battuti da pellegrini.
E’ però soprattutto grazie ai diari di viaggio, e in particolare agli appunti di un illustre pellegrino, Sigerico, che possiamo ricostruire l’antico percorso della Francigena. Nel 990, dopo essere stato ordinato Arcivescovo di Canterbury da Papa Giovanni XV, l’Abate tornò a casa annotando su due pagine manoscritte le 80 mansioni in cui si fermò a pernottare. Il diario di Sigerico viene tuttora considerato la fonte itineraria più autorevole, tanto che spesso si parla di “Via Francigena secondo l’itinerario di Sigerico” per definire la versione più “filologica” del percorso.
Crescita e decadenza della Via Francigena
L’uso crescente della Francigena come via di commercio portò a un eccezionale sviluppo di molti centri lungo il percorso.
La Via divenne strategica per trasportare verso i mercati del nord Europa le merci provenienti dall’oriente (seta, spezie) e scambiarli, in genere nelle fiere della Champagne, con i panni di Fiandra e di Brabante.
Spiega lo studioso Renato Stopani che «sebbene usato anche anteriormente come alternativa al Gran San Bernardo, il passo del Moncenisio nel corso del XII secolo fu sempre più transitato da uomini e merci che procedevano in direzione delle grandi fiere della Champagne, dove la presenza dei mercanti italiani si faceva sempre più consistente. La sua scelta come punto di attraversamento dell’area alpina era perciò frequente all’epoca di Filippo Augusto, tanto che nell’area prealpina la vera strada di Francia era considerata quella che collegava al Moncenisio»[3].
Nel XIII secolo i traffici commerciali crebbero a tal punto che si svilupparono numerosi tracciati alternativi alla Via Francigena che, quindi, perse la sua caratteristica di unicità e si frazionò in numerosi itinerari di collegamento tra il nord e Roma.
Tanto che il nome cambiò in Romea, non essendo più unica l’origine, ma la destinazione. Inoltre la crescente importanza di Firenze e dei centri della Valle dell’Arno spostò a Oriente i percorsi, fino a quando la direttrice Bologna-Firenze relegò il Passo della Cisa a una funzione puramente locale, decretando la fine dell’antico percorso.
La presenza di questi percorsi, con la grande quantità di persone provenienti da culture anche molto diverse tra loro, ha permesso un eccezionale passaggio di segni, emblemi, culture e linguaggi dell’Occidente Cristiano. Ancora oggi sono rintracciabili sul territorio le memorie di questo passaggio che ha strutturato profondamente le forme insediative e le tradizioni dei luoghi attraversati. Un passaggio continuo che ha permesso alle diverse culture europee di comunicare e di venire in contatto, forgiando la base culturale, artistica, economica e politica dell’Europa moderna; è nota la frase del poeta Goethe secondo cui la coscienza d’Europa è nata sulle vie di pellegrinaggio.
Banchieri e Mercanti
Fu l’attività bancaria che fece la fama di Siena e ne consolidò la posizione e la competitività in campo europeo. Di fatto si può dire che la banca senese non ebbe, almeno nel Duecento, concorrenti tali da metterne in discussione il primato sin lì conseguito. La banca, a Siena come altrove, nacque dall’esigenza di credito, in una fase d grande slancio economico, come attività di supporto dei traffici commerciali.
Molto deve Siena allo stretto rapporto intrattenuto con la Santa Sede, il cui apparato finanziario ne fece uno dei clienti privilegiati della banca e della finanza toscana e che contribuì in maniera importante a dare il via alla fiammata che per qualche generazione illuminò il mondo degli affari senese dandogli lustro e grande fama internazionale.
Tra la fine del 1100 e la seconda metà del 1200, i banchieri senesi ebbero un ruolo di primo piano nelle fiere di Champagne, come un po’ ovunque, dal centro nord dell’Europa in regioni come le Fiandre, l’area tedesca e la Lorena, la Piccardia, la Borgogna, l’Inghilterra, la Spagna e l’Italia meridionale. Tra tutti spiccano nomi prestigiosi come i Tolomei, i Salimbeni, i Buonsignori e i Piccolomini che in alcuni momenti dominarono negli affari internazionali. Molto rilevanti anche alcune compagnie come i Gallerani, i Cacciaconti, i Marescotti, i Sansedoni, gli Ugolini, gli Squarcialupi e i Vincenti.
L’itinerario di Sigerico
Sigerico, Arcivescovo di Canterbury, recandosi a Roma in visita al Papa Giovanni XV nel 990 d.c., durante il viaggio di ritorno prese nota dei luoghi di sosta, in un documento che si è conservato fino ai giorni nostri, e attualmente è conservato alla British Library. Il percorso è articolato in 79 tappe, è lungo 1600 km e fu percorso in 79 giorni con una media di circa 20 km. al giorno. L’itinerario di Sigerico è stata la principale fonte per la ricostruzione della moderna Via Francigena, che quando è possibile transita per le mansiones (posti tappa) riportati nel documento.
La via di Sigerico toccò 34 città e circa 45 paesi e borghi siti tra Italia (Lazio, Toscana, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Piemonte e Val d’Aosta), Svizzera, Francia e Inghilterra.
Le tappe in Toscana sono le seguenti:
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X Sce Petir in Pail., oggi Podere Voltole nel comune di Abbadia San Salvatore,
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XI Abricula, oggi Le Briccole o anche Bricola nel comune di Castiglione d’Orcia,
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XII Sce Quiric., oggi San Quirico d’Orcia,
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XIII Turreiner., oggi Torrenieri, nel comune di Montalcino,
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XIV Arbia, oggi Ponte d’Arbia, nel comune di Monteroni d’Arbia,
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XV Seocine, oggi Siena,
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XVI Burgenove, oggi Abbadia a Isola nel comune di Monteriggioni,
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XVII Aelse, oggi Pieve d’Elsa, località scomparsa nei pressi di Gracciano d’Elsa, nel comune di Colle di Val d’Elsa,
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XVIII Sce Martin in Fosse, oggi Molino d’Aiano, nel comune di Colle di Val d’Elsa,
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XIX Sce Gemiane, oggi San Gimignano,
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XX Sce Maria Glan., oggi Pieve di Santa Maria Assunta a Chianni, nel comune di Gambassi Terme,
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XXI Sce Peter Currant., oggi Pieve dei Santi Pietro e Paolo a Coiano, nel comune di Castelfiorentino,
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XXII Sce Dionisii, oggi Borgo San Genesio, sito archeologico nel comune di San Miniato,
Attraversamento dell’Arno.
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XXIII Arne Blanca, oggi Fucecchio,
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XXIV Aqua Nigra, oggi Ponte a Cappiano nel comune di Fucecchio,
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XXV Forcri, oggi Porcari,
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XXVI Luca, oggi Lucca,
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XXVII Campmaior, oggi Camaiore.
Lucca era una delle mete principali della Via Francigena, grazie soprattutto al Volto Santo ed alle reliquie di importanti Santi, quali San Regolo e San Frediano (proprio riguardo a questo santo di origini irlandesi, molti furono i pellegrini provenienti dal Nord Europa per venerarne le reliquie).
Attualmente il tratto della “variante Francigena di Garfagnana” chiamata oggi Via del Volto Santo è percorribile su antichi sentieri e mulattiere, con numerosi ponti medioevali per l’attraversamento del fiume Serchio e dei suoi affluenti. Anche se non ancora segnalato e non attrezzato con una rete di strutture dedicate per l’accoglienza ai pellegrini (in conventi, parrocchie, ecc.) questo percorso attraversa un territorio dove l’ospitalità è garantita.
La Francigena fu una via di comunicazione determinante per l’unità culturale europea nel Medio Evo, su cui transitarono persone e merci, ma anche conoscenze ed esperienze, con la lentezza e la profondità proprie di chi si muove a piedi. Un ritmo, quello dei propri passi, che consente anche ai moderni pellegrini una migliore comprensione del territorio, della storia, delle genti; del passato e del presente. Il viaggio si trasforma in una graduale immersione nelle radici della nostra cultura, in cui lasciare che le impercettibili modifiche del paesaggio, le piccole e grandi opere d’arte, le poche persone che incontriamo lungo la Via, ci trasmettano il loro messaggio. Che possiamo assimilare passo dopo passo, con calma, per comprenderne l’essenza.
Lontani dal bombardamento mediatico che caratterizza ogni nostra giornata, e che non ci consente di comprendere una notizia prima che arrivi la successiva, i ritmi e gli spazi dilatati del cammino francigeno cambiano la nostra percezione del mondo, riportandoci a una visione medioevale di ciò che ci circonda. Dobbiamo affrontare problemi pratici come la fame, la sete, il caldo e il freddo, la paura del buio in un bosco sul far della sera, o di un cane che c’insegue lungo il sentiero. Problemi antichi che ci faranno comprendere antiche soluzioni: la localizzazione dei villaggi, la loro struttura, la distanza tra un villaggio e l’altro, che spesso rispondevano alle esigenze dei viandanti e alle opportunità offerte dalla Via.
La Via Francigena è anche un viaggio trasversale attraverso il territorio italiano, un interessante allineamento di realtà geografiche, produttive, sociali completamente diverse. Il paesaggio muta senza soluzione di continuità: dai pascoli valdostani alla pianura industriale e agricola piemontese; dal Grande Fiume alle dolci colline emiliane; dall’asprezza della Toscana settentrionale alla dolcezza delle crete senesi, all’incanto dei laghi vulcanici del Lazio. E con il paesaggio mutano i mestieri, le persone, il tessuto sociale, la densità abitativa: si passa dallo spopolamento delle vallate alpine e appenniniche al sovraffollamento delle borgate romane, viaggiando attraverso la provincia italiana, nelle sue varie declinazioni.
Un percorso straordinariamente bello, inaspettatamente nuovo e originale anche per chi già conosce i luoghi attraversati. Cambia il punto di vista, cambia il ritmo. Molti di noi conoscono Siena, o San Gimignano, o almeno pensano di conoscerli: in realtà solo attraversandoli sulla direttrice della Francigena ci rendiamo conto di quanto la Strada abbia influenzato il tessuto urbano dei villaggi che spesso si sviluppano in lunghezza, e allineano sulla Via le principali chiese e i palazzi più belli. Forse conosciamo molti tra i capolavori del Romanico che popolano la Francigena, ma nel nostro viaggio li incontriamo uno dopo l’altro, comprendendo appieno l’importanza di questo itinerario, e l’influenza che ebbe sullo sviluppo religioso e artistico di un’epoca.
Percorrere la Via Francigena è un’esperienza di crescita spirituale unica ad altissima valenza culturale: camminando si riscopre il piacere della lentezza, delle cose semplici, ma autentiche del contatto con la natura e con le persone. Allo stesso tempo, si possono ammirare gioielli artistici ed “immergersi” in un patrimonio culturale ed ospitale ineguagliabile.
A partire dal 1994 la Via Francigena è stata dichiarata “Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa”, assumendo, alla pari del Cammino di Santiago di Compostela, una dignità sovranazionale.